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Malattie e parassiti del melo cotogno

Daria · 14.08.2025.

Sebbene il melo cotogno sia generalmente considerato una pianta più rustica e resistente rispetto ad altri alberi da frutto come il melo o il pero, non è immune dall’attacco di malattie fungine e parassiti animali che possono comprometterne la salute e la produzione. Una difesa efficace si basa su una strategia integrata che privilegia la prevenzione, il monitoraggio costante della pianta e l’intervento tempestivo con i mezzi più appropriati e a minor impatto ambientale. Conoscere i principali nemici del cotogno, saper riconoscere i loro sintomi e comprendere il loro ciclo biologico è il primo passo fondamentale per ogni coltivatore che desideri proteggere il proprio frutteto e garantire un raccolto sano e abbondante. Una gestione agronomica corretta, che include potature adeguate, concimazioni equilibrate e irrigazioni oculate, è la prima e più importante linea di difesa per rendere le piante meno suscettibili agli attacchi.

La prevenzione gioca un ruolo chiave nella gestione fitosanitaria del cotogno. Molte malattie fungine, ad esempio, svernano sui residui colturali infetti, come foglie cadute, rami secchi o frutti mummificati rimasti sull’albero. La pulizia autunnale del frutteto, con la raccolta e la distruzione di tutto questo materiale, è un’operazione semplice ma estremamente efficace per ridurre la quantità di inoculo del patogeno presente all’inizio della stagione successiva. Allo stesso modo, una potatura che favorisca l’aerazione e la penetrazione della luce all’interno della chioma crea un microclima meno favorevole allo sviluppo dei funghi, che prosperano in condizioni di alta umidità.

Il monitoraggio è l’attività che permette di passare da una difesa a calendario a una difesa mirata, intervenendo solo quando è veramente necessario. Ispezionare regolarmente le piante, osservando attentamente foglie, fiori, frutti e rami, consente di individuare i primi segni di un’infezione o di un’infestazione. L’uso di strumenti specifici, come le trappole a feromoni per monitorare il volo di alcuni insetti dannosi, fornisce informazioni preziose per decidere il momento migliore per un eventuale trattamento, massimizzandone l’efficacia e riducendo il numero di interventi.

Quando l’intervento si rende necessario, la scelta del prodotto fitosanitario deve essere ponderata. L’agricoltura moderna, sia professionale che amatoriale, si orienta sempre più verso soluzioni a basso impatto ambientale. Prodotti di origine naturale come il rame, lo zolfo, il sapone di potassio, l’olio di Neem o preparati a base di microrganismi benefici (come il Bacillus thuringiensis) sono spesso efficaci se utilizzati correttamente e tempestivamente. L’uso di prodotti chimici di sintesi dovrebbe essere riservato ai casi di forte infestazione e sempre nel rispetto delle dosi, delle modalità d’uso e dei tempi di carenza indicati in etichetta, per proteggere la propria salute e quella dell’ambiente.

Le principali malattie fungine

Tra le avversità di natura fungina, una delle più comuni e dannose per il cotogno è la maculatura bruna delle foglie, causata dal fungo Diplocarpon mespili. Questa malattia si manifesta in primavera e in estate con la comparsa di piccole macchie scure, quasi nere, sulle foglie. Con il progredire dell’infezione, le macchie si allargano e confluiscono, causando un forte ingiallimento e una caduta anticipata delle foglie (filloptosi). Una defogliazione precoce indebolisce gravemente la pianta, riduce la pezzatura dei frutti e compromette la differenziazione delle gemme per l’anno successivo. La prevenzione si basa sulla rimozione delle foglie infette cadute a terra e su trattamenti a base di rame in autunno e alla ripresa vegetativa.

Un’altra malattia fungina molto diffusa è la moniliosi, causata da funghi del genere Monilinia. Questo patogeno può manifestarsi in due forme principali. In primavera, attacca i fiori e i giovani rametti, causando il loro avvizzimento e disseccamento (noto come “colpo di fuoco batterico”). I fiori e le foglie colpite appaiono come bruciati e rimangono attaccati al ramo. In estate e autunno, il fungo attacca i frutti, soprattutto in prossimità della maturazione, provocando marciumi caratterizzati da cerchi concentrici di muffa biancastra o grigiastra. I frutti colpiti tendono a mummificarsi e a rimanere appesi all’albero, diventando una fonte di infezione per l’anno seguente. La lotta è principalmente preventiva, rimuovendo tutte le parti colpite (rami e frutti mummificati).

L’oidio, o mal bianco, è un’altra malattia fungina che può colpire il cotogno, sebbene sia generalmente meno grave rispetto ad altre specie. Causato dal fungo Podosphaera leucotricha, si manifesta come una patina biancastra e polverulenta sulle foglie giovani, sui germogli e talvolta sui frutticini. Le parti colpite subiscono una deformazione e una crescita stentata. L’oidio è favorito da condizioni climatiche caldo-umide e da una scarsa ventilazione. Per controllarlo, si possono utilizzare trattamenti a base di zolfo, un antioidico tradizionale molto efficace, da effettuare nelle ore più fresche della giornata per evitare fenomeni di fitotossicità.

Infine, sebbene meno frequente sul cotogno rispetto al pero, il colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora) merita attenzione, in quanto è una batteriosi molto grave e distruttiva. I sintomi sono simili a quelli della moniliosi primaverile, con un rapido annerimento e disseccamento di fiori e germogli, che assumono un tipico aspetto a “pastorale” (uncinato). La lotta contro questa batteriosi è molto difficile e si basa principalmente sulla prevenzione, utilizzando materiale di propagazione sano e certificato, e sull’eradicazione, ovvero la rimozione e distruzione immediata (bruciatura) delle parti colpite, tagliando ben al di sotto della zona infetta.

I principali parassiti animali

Tra gli insetti, il nemico numero uno dei frutti del cotogno è senza dubbio la carpocapsa (Cydia pomonella), la stessa “verme delle mele” che attacca meli e peri. La femmina di questo lepidottero depone le uova sui frutticini o sulle foglie vicine. Le larve che nascono penetrano all’interno del frutto, scavando gallerie fino a raggiungere i semi, di cui si nutrono. Il frutto colpito è invaso da escrementi e rosure, matura precocemente e cade a terra, diventando non commestibile. La lotta si basa sul monitoraggio del volo degli adulti con trappole a feromoni per identificare il momento giusto per i trattamenti con insetticidi specifici, biologici (virus della granulosi, Bacillus thuringiensis) o convenzionali.

Gli afidi sono un altro parassita comune, che attacca in primavera i giovani germogli e le foglie tenere. Formando fitte colonie, questi piccoli insetti succhiano la linfa della pianta, causando l’arricciamento e la deformazione delle foglie e un generale indebolimento dei germogli. Inoltre, producono una sostanza zuccherina chiamata “melata”, sulla quale può svilupparsi un fungo nero, la fumaggine, che imbratta la vegetazione e riduce la fotosintesi. Contro gli afidi si può intervenire con prodotti a base di sapone di potassio o piretro naturale in caso di infestazioni limitate, oppure con insetticidi specifici. La presenza di coccinelle, predatori naturali degli afidi, va incoraggiata.

La cocciniglia di San José (Quadraspidiotus perniciosus) è un insetto molto insidioso e polifago che può attaccare anche il cotogno. Si presenta come un piccolo scudetto grigiastro o nerastro attaccato a rami, tronco e frutti. Sottraendo linfa, provoca un deperimento generale della pianta e la comparsa di caratteristiche macchioline rossastre sulla corteccia e sulla buccia dei frutti. La lotta contro le cocciniglie si effettua principalmente in inverno, durante il riposo vegetativo, con trattamenti a base di oli minerali, che agiscono per asfissia ricoprendo gli scudetti degli insetti svernanti.

Altri parassiti che possono occasionalmente danneggiare il cotogno includono il ragnetto rosso, un piccolo acaro che provoca ingiallimenti e bronzature sulle foglie in condizioni di clima caldo e secco, e la tentredine, le cui larve possono erodere il parenchima fogliare. In generale, un frutteto gestito in modo equilibrato, che favorisca la biodiversità e la presenza di insetti utili (predatori e parassitoidi), è in grado di limitare naturalmente lo sviluppo della maggior parte dei parassiti, riducendo la necessità di interventi chimici.

Strategie di difesa biologica e integrata

Un approccio moderno e sostenibile alla difesa del cotogno non può prescindere dai principi della lotta biologica e integrata. La lotta integrata combina diverse strategie di controllo – agronomiche, biologiche, biotecnologiche e chimiche – per mantenere le popolazioni dei parassiti al di sotto di una soglia di danno economico, con il minor impatto possibile sull’ecosistema. Il punto di partenza è sempre il monitoraggio, per intervenire solo quando e dove serve. L’uso di trappole cromotropiche (per catturare insetti attratti da determinati colori) e a feromoni (per monitorare e catturare selettivamente i maschi di una specie) rientra in questa logica.

La lotta biologica sfrutta gli antagonisti naturali dei parassiti. Incoraggiare la presenza di insetti utili nel frutteto è una strategia a lungo termine molto efficace. Questo si può ottenere piantando siepi e fiori nettariferi ai bordi del frutteto, che offrono rifugio e nutrimento a insetti come coccinelle, sirfidi, crisope (predatori di afidi) e a piccoli imenotteri parassitoidi. Evitare l’uso di insetticidi a largo spettro d’azione, che uccidono indiscriminatamente sia gli insetti dannosi che quelli utili, è fondamentale per mantenere questo equilibrio naturale.

In agricoltura biologica sono disponibili diversi prodotti di origine naturale per il controllo di malattie e parassiti. Oltre ai già citati rame e zolfo per le malattie fungine, esistono insetticidi come il piretro (estratto da un fiore), l’azadiractina (estratta dall’olio di Neem) e lo spinosad (prodotto da un batterio del suolo). Per la lotta alla carpocapsa, il virus della granulosi (CpGV) è un prodotto biologico estremamente selettivo ed efficace, che infetta e uccide solo le larve di questo lepidottero. Anche il Bacillus thuringiensis var. kurstaki è un batterio che, se ingerito dalle larve di lepidotteri, ne provoca la morte.

Un’altra tecnica biotecnologica è quella della confusione sessuale, utilizzata per il controllo della carpocapsa e di altri lepidotteri. Consiste nel saturare l’aria del frutteto con il feromone sessuale sintetico della femmina dell’insetto. In questo modo, i maschi vengono disorientati e non riescono a localizzare le femmine per l’accoppiamento, riducendo drasticamente il numero di uova fecondate e, di conseguenza, di larve. Questo metodo è totalmente ecologico, non lascia residui sui frutti e non ha alcun impatto sugli altri organismi.

Trattamenti preventivi nel calendario annuale

Nonostante si privilegi una difesa mirata, alcuni trattamenti preventivi, eseguiti in momenti chiave del ciclo della pianta, sono altamente raccomandati per ridurre la pressione delle principali malattie fungine. Il primo trattamento fondamentale è quello autunnale, alla caduta delle foglie. L’applicazione di un prodotto a base di rame (come la poltiglia bordolese) su tutta la pianta, tronco e rami compresi, ha lo scopo di ridurre drasticamente la quantità di inoculo di funghi svernanti (come monilia e maculatura bruna) sulla corteccia e sulle gemme, disinfettando anche le piccole ferite lasciate dalla caduta delle foglie.

Un secondo trattamento, sempre a base di rame, è consigliato a fine inverno, al momento del rigonfiamento delle gemme ma prima della loro completa apertura. Questo intervento, noto come trattamento “al bruno”, ha un’azione simile a quello autunnale, andando a colpire i patogeni che si preparano a iniziare il loro ciclo infettivo con la ripresa vegetativa. È importante eseguire questo trattamento prima che le gemme si aprano completamente per evitare di danneggiare i giovani tessuti verdi, più sensibili all’azione del rame.

Durante la fase di “bottoni rosa” (quando i boccioli fiorali sono formati ma non ancora aperti), può essere utile un ulteriore trattamento per proteggere i fiori dall’attacco della monilia, soprattutto se la primavera è particolarmente umida e piovosa. In questa fase, a seconda della pressione della malattia e del tipo di agricoltura (convenzionale o biologica), si possono usare prodotti rameici a basso dosaggio, polisolfuro di calcio o altri fungicidi specifici.

È importante sottolineare che l’uso ripetuto di prodotti rameici, sebbene consentito in agricoltura biologica, deve essere gestito con attenzione per evitare l’accumulo di rame nel terreno, che a lungo andare può diventare tossico per la vita del suolo. Le normative europee hanno infatti introdotto dei limiti massimi annuali all’uso del rame per ettaro. Pertanto, l’integrazione di questi trattamenti con tutte le altre pratiche agronomiche preventive (potatura, pulizia, ecc.) è essenziale per una difesa che sia allo stesso tempo efficace e sostenibile nel tempo.

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