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Lo svernamento del tagete

Daria · 25.03.2025.

Il tagete è universalmente conosciuto e coltivato come una pianta annuale nella stragrande maggioranza dei climi, specialmente in quelli temperati come il nostro. Questo significa che il suo ciclo vitale si completa interamente nell’arco di una sola stagione: germina in primavera, cresce e fiorisce durante l’estate e l’autunno, produce i semi e poi muore inevitabilmente con l’arrivo dei primi geli intensi. Pertanto, parlare di un vero e proprio “svernamento” della pianta adulta all’aperto non è generalmente possibile, poiché non possiede le strutture necessarie per sopravvivere a temperature prolungate al di sotto dello zero. La gestione del tagete in vista dell’inverno si concentra quindi su altre strategie, come la raccolta dei semi per garantire la continuità della specie o, in casi molto particolari, il tentativo di proteggere alcuni esemplari in ambienti controllati.

La sensibilità del tagete al freddo è il fattore determinante del suo ciclo di vita. Temperature vicine allo zero arrestano la sua crescita e la produzione di fiori, mentre una gelata, anche leggera, è sufficiente a danneggiare gravemente i tessuti vegetali, causando l’annerimento e il collasso di foglie e fusti. Per questo motivo, nei giardini e sui balconi, le piante di tagete vengono considerate come elementi stagionali destinati a essere sostituiti ogni anno. La loro rimozione a fine stagione è una pratica colturale importante per mantenere l’ordine e l’igiene delle aiuole e dei vasi.

La strategia più comune e naturale per “svernare” il tagete è quella di affidarsi al suo ciclo riproduttivo, ovvero la produzione di semi. Raccogliere e conservare i semi dalle piante più belle e sane è il modo più semplice ed efficace per assicurarsi di avere nuove piantine a disposizione per la primavera successiva. Questo metodo non solo garantisce la continuità della coltivazione a costo zero, ma permette anche di partecipare attivamente al ciclo della natura, completando il percorso dalla semina alla raccolta del seme.

Tuttavia, esistono alcune specie di tagete, principalmente di origine messicana e centroamericana, che nei loro habitat naturali sono perenni o sub-arbustive. In climi estremamente miti, dove le temperature invernali non scendono mai sotto lo zero (come in alcune zone costiere del sud Italia), queste specie potrebbero teoricamente sopravvivere all’inverno all’aperto, sebbene con un’attività vegetativa molto ridotta. In tutti gli altri casi, l’unico modo per tentare di far sopravvivere una pianta di tagete all’inverno è ricoverarla in un ambiente protetto, un’operazione che però presenta diverse difficoltà e non sempre ha successo.

La fine del ciclo vitale all’aperto

Con l’arrivo dell’autunno e il progressivo abbassamento delle temperature, il ciclo vitale del tagete coltivato all’aperto volge naturalmente al termine. La pianta riduce gradualmente la sua fioritura, la crescita rallenta e il fogliame può iniziare a perdere il suo colore verde brillante. Le prime brinate notturne possono danneggiare i fiori e le foglie più esposte, mentre le prime gelate vere e proprie segnano la fine definitiva della pianta. I tessuti, ricchi d’acqua, gelano, si rompono e la pianta assume un aspetto annerito, floscio e privo di vita.

Una volta che le piante sono state rovinate dal gelo, è buona norma estirparle completamente dal terreno o dai vasi. Lasciare i residui vegetali in decomposizione sul terreno durante l’inverno non è consigliabile, poiché potrebbero ospitare uova di parassiti o spore di malattie fungine, che svernerebbero per poi infettare le nuove colture in primavera. La rimozione delle piante a fine stagione è quindi un’importante pratica di pulizia e prevenzione fitosanitaria. Le piante estirpate, se non mostrano segni evidenti di malattie, possono essere tranquillamente aggiunte al cumulo del compost, dove si decomporranno e contribuiranno a creare un fertile ammendante.

Dopo aver ripulito le aiuole, è un ottimo momento per preparare il terreno per la stagione successiva. Si può procedere con una leggera vangatura o zappettatura per arieggiare il suolo e si può cogliere l’occasione per incorporare sostanza organica, come compost o letame maturo. Questo “anticipo” sui lavori primaverili permette all’ammendante di integrarsi perfettamente nel terreno durante i mesi invernali, migliorandone la struttura e la fertilità. In questo modo, a primavera, il terreno sarà già pronto e accogliente per le nuove semine e i nuovi trapianti.

Nei vasi, la procedura è simile. Si rimuovono le piante esaurite e si può decidere se conservare il terriccio o sostituirlo. Se il terriccio è stato usato solo per una stagione e le piante erano sane, può essere riutilizzato, magari rinvigorendolo con l’aggiunta di un po’ di compost o di un buon ammendante organico. Se invece le piante hanno mostrato segni di sofferenza o se il terriccio appare molto sfruttato e compatto, è preferibile sostituirlo completamente per garantire alle nuove piante un substrato fresco e nutriente. I vasi vuoti andrebbero puliti e disinfettati prima di essere riposti per l’inverno.

La raccolta e conservazione dei semi

Il metodo più affidabile e diffuso per assicurare la presenza dei tageti nel giardino anno dopo anno è la raccolta dei semi. Questa operazione va pianificata verso la fine dell’estate, quando le giornate sono ancora calde e asciutte. È necessario individuare alcuni dei fiori più grandi, sani e belli sulla pianta e smettere di praticare la rimozione dei fiori appassiti (deadheading) su di essi. In questo modo, si permette al fiore di completare il suo ciclo, fecondarsi e maturare i semi direttamente sullo stelo.

Il momento giusto per la raccolta è quando il capolino è completamente secco, di colore marrone e di consistenza simile alla carta. Toccandolo, si deve avere una sensazione di secchezza e fragilità. È fondamentale raccogliere i capolini in una giornata senza pioggia, per evitare problemi di muffa durante la conservazione. I capolini secchi si staccano facilmente dalla pianta e possono essere raccolti in un sacchetto di carta o in un contenitore aperto. È bene lasciarli asciugare ancora per qualche giorno in un luogo ventilato, asciutto e al riparo dalla luce diretta del sole.

Una volta che i capolini sono perfettamente secchi, si può procedere all’estrazione dei semi. È sufficiente sbriciolare il capolino tra le dita per liberare i semi, che sono neri, sottili e allungati, con una piccola appendice chiara a un’estremità. È importante pulire i semi da tutti i residui di petali e brattee secche, operazione che si può fare soffiando via delicatamente le parti più leggere (la pula). Ottenere semi puliti è importante per una buona conservazione e per ridurre il rischio di marciumi o attacchi di parassiti.

Per la conservazione, i semi puliti e asciutti vanno riposti in una busta di carta o in un piccolo barattolo di vetro con chiusura ermetica. È essenziale che non vi sia umidità residua, che potrebbe compromettere la germinabilità. Ogni contenitore va etichettato con il nome della specie/varietà di tagete e l’anno di raccolta. I semi vanno poi conservati in un luogo fresco (ma non freddo come un frigorifero), buio e asciutto, come un cassetto o una dispensa. Se ben conservati, i semi di tagete mantengono una buona vitalità per 2-3 anni, garantendo così il successo delle semine primaverili future.

Il tentativo di ricovero in ambiente protetto

Per i giardinieri più curiosi o per chi coltiva varietà particolari di tagete a cui è affezionato, è possibile tentare di far svernare una pianta ricoverandola in un ambiente protetto dal gelo. Questa pratica ha maggiori possibilità di successo con le specie perenni o sub-arbustive, come il Tagetes lemmonii, ma può essere tentata anche con le comuni varietà annuali, sebbene con risultati incerti. La pianta prescelta deve essere sana, vigorosa e coltivata in vaso, per poter essere spostata facilmente.

Prima dell’arrivo delle prime gelate, il vaso con la pianta di tagete deve essere trasferito all’interno. L’ambiente ideale per lo svernamento è un locale fresco ma luminoso, con temperature che si mantengono costantemente tra i 5°C e i 10°C. Una veranda non riscaldata, una serra fredda, un vano scale luminoso o un garage con una finestra possono essere luoghi adatti. È importante evitare ambienti troppo caldi e secchi, come l’interno di un’abitazione riscaldata, che stresserebbero la pianta e favorirebbero l’attacco di parassiti come il ragnetto rosso.

Durante il periodo di svernamento, la pianta entrerà in una fase di dormienza o semi-dormienza, rallentando o arrestando quasi completamente la sua crescita. Di conseguenza, il suo fabbisogno idrico si ridurrà drasticamente. Le irrigazioni dovranno essere molto diradate, giusto quel tanto che basta per non far seccare completamente il pane di terra. Indicativamente, potrebbe essere sufficiente bagnare leggermente una volta ogni 3-4 settimane, controllando sempre lo stato del terriccio prima di intervenire. Le concimazioni, invece, vanno sospese completamente per tutto il periodo invernale.

È probabile che durante l’inverno la pianta perda parte del fogliame e assuma un aspetto un po’ spoglio e sofferente, il che è normale. Può essere utile effettuare una leggera potatura per eliminare eventuali parti secche o danneggiate e per dare una forma più compatta. Con l’arrivo della primavera e l’allungarsi delle giornate, si noteranno i primi segni di ripresa vegetativa. A questo punto, si potranno gradualmente aumentare le irrigazioni e, quando le temperature esterne lo permetteranno, si inizierà ad acclimatare di nuovo la pianta all’aperto, riportandola all’esterno per qualche ora al giorno prima di lasciarla definitivamente fuori.

Alternative e considerazioni finali

Oltre alla raccolta dei semi e al tentativo di ricovero, esiste un’altra strategia per avere piante di tagete pronte all’inizio della primavera: la talea. Verso la fine dell’estate, si possono prelevare delle talee apicali non fiorite dalle piante più sane. Le talee, lunghe circa 8-10 cm, vanno private delle foglie inferiori e messe a radicare in un vasetto con un miscuglio di torba e sabbia, mantenuto costantemente umido. Le talee radicate andranno poi fatte svernare nello stesso modo descritto per le piante in vaso, in un ambiente fresco e luminoso, per essere poi trapiantate in primavera. Questo metodo garantisce di ottenere piante identiche alla pianta madre.

Una pratica interessante, sebbene non di svernamento vero e proprio, è l'”auto-semina” o “dissemina spontanea”. In condizioni favorevoli, i semi prodotti dai tageti possono cadere al suolo e, se l’inverno non è eccessivamente rigido e il terreno rimane indisturbato, possono germinare spontaneamente la primavera successiva. Questo fenomeno è più comune nei climi miti e in angoli del giardino dove il terreno non viene lavorato. Tuttavia, l’auto-semina è un processo imprevedibile e le piante nate potrebbero essere meno vigorose o diverse da quelle originarie, soprattutto se si tratta di ibridi.

In conclusione, è fondamentale accettare la natura prevalentemente annuale del tagete e considerare la sua fine con l’arrivo del freddo come una parte normale e integrante del ciclo del giardino. La vera strategia per lo “svernamento” risiede nella lungimiranza del giardiniere: raccogliere i semi in autunno per poi seminarli in primavera. Questo approccio non solo è il più semplice e naturale, ma è anche quello che offre le maggiori soddisfazioni, permettendo di rinnovare ogni anno la magia di queste piante solari, trasformando un piccolo seme in una cascata di fiori colorati.

Il tentativo di far svernare la pianta al riparo può essere un esperimento interessante, ma va considerato come tale, senza troppe aspettative. Il successo dipende da molti fattori e spesso la pianta che ne risulta in primavera è meno vigorosa di una nata da seme. Pertanto, la raccolta dei semi rimane la via maestra, un piccolo gesto autunnale che racchiude in sé la promessa di una nuova, splendida estate fiorita.

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