Share

Le malattie e i parassiti del pino nero

Linden · 21.08.2025.

Nonostante la sua nota robustezza e resilienza, anche il pino nero può essere soggetto all’attacco di diversi agenti patogeni e parassiti, specialmente quando si trova in condizioni di stress ambientale o di coltivazione non ottimali. Un’efficace strategia di difesa si basa principalmente sulla prevenzione, che include la scelta di un sito di impianto idoneo, pratiche colturali corrette e un monitoraggio costante per individuare precocemente i primi segni di un problema. Riconoscere i sintomi delle principali avversità e conoscere le opzioni di intervento permette di proteggere la salute e la bellezza di questi magnifici alberi, agendo in modo tempestivo e mirato.

Le cause che predispongono un pino nero agli attacchi di malattie e parassiti sono spesso legate a fattori di stress. Piante indebolite da siccità prolungata, ristagni idrici, danni meccanici, potature errate o carenze nutrizionali hanno le difese immunitarie abbassate e diventano un bersaglio più facile. Pertanto, la prima linea di difesa è sempre una corretta coltivazione: garantire un buon drenaggio, un’adeguata esposizione solare, una corretta irrigazione e una nutrizione bilanciata sono azioni preventive fondamentali. Un albero sano e vigoroso è intrinsecamente più capace di resistere e superare le avversità.

Il monitoraggio regolare della pianta è il secondo pilastro della difesa fitosanitaria. Ispezionare attentamente gli aghi, i rami, il tronco e i getti permette di cogliere i primi segnali di un’infestazione o di una malattia, come cambiamenti di colore, presenza di macchie, secrezioni anomale di resina, deformazioni o la comparsa di insetti. Un intervento precoce è spesso molto più efficace e richiede l’uso di prodotti meno impattanti rispetto a un trattamento su un problema ormai diffuso e radicato. La tempestività è quindi un fattore chiave per il successo.

In caso di problemi, è fondamentale procedere con una corretta identificazione del patogeno o del parassita responsabile. Sintomi simili possono essere causati da agenti molto diversi, che richiedono strategie di lotta specifiche. Un’errata diagnosi può portare a trattamenti inutili o addirittura dannosi. Se non si è sicuri, è consigliabile consultare un vivaista esperto, un agronomo o utilizzare risorse diagnostiche affidabili. Solo dopo aver identificato con certezza la causa del problema si può scegliere il metodo di intervento più appropriato, privilegiando sempre le soluzioni a minor impatto ambientale.

Principali malattie fungine

Una delle patologie fungine più comuni e dannose per il pino nero è il seccume dei germogli da Diplodia pinea (noto anche come Sphaeropsis sapinea). Questo fungo colpisce prevalentemente le nuove “candele” in primavera, causandone il rapido avvizzimento, l’imbrunimento e la morte. I sintomi includono getti che si piegano a uncino e rimangono attaccati alla pianta, conferendole un aspetto bruciato. L’infezione può progredire ai rami e, nei casi più gravi, all’intero albero. Il fungo è favorito da primavere umide e penetra attraverso ferite, anche quelle microscopiche causate da insetti o grandine.

Un’altra malattia rilevante è la ruggine vescicolosa del pino, causata da funghi del genere Cronartium. Questa malattia ha un ciclo complesso che coinvolge un ospite intermedio (spesso piante del genere Ribes). Sul pino, provoca la formazione di cancri e rigonfiamenti sui rami e sul tronco, dai quali fuoriesce abbondante resina e, in primavera, masse polverulente di colore arancione (le spore). I cancri possono indebolire la struttura dell’albero e portare alla morte dei rami o, se localizzati sul tronco principale di un giovane esemplare, dell’intera pianta.

Il “mal del colletto” e i marciumi radicali, causati da funghi come Phytophthora o Armillaria, sono un grave problema in suoli pesanti e mal drenati. Questi patogeni attaccano l’apparato radicale e la base del tronco, portando a un deperimento generale della pianta. I sintomi includono ingiallimento e diradamento della chioma, crescita stentata e, infine, la morte dell’albero. Alla base del tronco si possono notare lesioni, imbrunimenti della corteccia e, nel caso dell’Armillaria, la presenza di caratteristici funghi a forma di chiodino (i “chiodini”).

La gestione delle malattie fungine si basa sulla prevenzione. È fondamentale garantire un drenaggio impeccabile, evitare ferite alla pianta e assicurare una buona circolazione dell’aria. I rami infetti da Diplodia o Cronartium devono essere potati e distrutti per ridurre la fonte di inoculo. In caso di forti attacchi, possono essere necessari trattamenti con fungicidi a base di rame o altri prodotti specifici, da effettuare in primavera in concomitanza con la ripresa vegetativa e in condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo della malattia.

Parassiti comuni del pino nero

Tra gli insetti più noti che possono infestare il pino nero c’è la processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa). Le larve di questo lepidottero, oltre a essere defogliatrici e a poter indebolire la pianta in caso di forti infestazioni, sono pericolose per l’uomo e gli animali a causa dei loro peli urticanti. La loro presenza è facilmente riconoscibile dai caratteristici nidi sericei bianchi che costruiscono sulle cime dei rami durante l’inverno. La lotta alla processionaria è obbligatoria in molte aree e si basa sulla rimozione e distruzione dei nidi in inverno, sull’uso di trappole a feromoni per la cattura dei maschi adulti e su trattamenti con insetticidi biologici (come Bacillus thuringiensis) sulle larve giovani.

Le cocciniglie sono un altro gruppo di parassiti frequenti. Si presentano come piccoli scudetti o ammassi cotonosi attaccati ai rami e agli aghi, dai quali sottraggono linfa. Infestazioni pesanti possono causare il deperimento della pianta e la produzione di melata, una sostanza zuccherina che favorisce lo sviluppo di funghi scuri e fuligginosi (le fumaggini). Tra le specie più comuni vi è la cocciniglia del pino (Matsucoccus feytaudi), particolarmente aggressiva. Il controllo può essere effettuato con trattamenti a base di olio minerale in inverno per soffocare le forme svernanti, o con insetticidi specifici durante la fase di mobilità delle neanidi in primavera.

Gli afidi possono talvolta colonizzare i giovani getti del pino nero, specialmente in primavera. Questi piccoli insetti si nutrono della linfa, causando deformazioni dei germogli e, anche in questo caso, la produzione di melata e lo sviluppo di fumaggini. Generalmente, le popolazioni di afidi sono tenute sotto controllo dai loro predatori naturali, come le coccinelle. Interventi diretti, come getti d’acqua o sapone di Marsiglia, sono spesso sufficienti per infestazioni limitate. L’uso di insetticidi va riservato solo ai casi più gravi per non danneggiare gli insetti utili.

Infine, gli insetti xilofagi, come alcuni scolitidi, rappresentano una minaccia seria, soprattutto per alberi già stressati o deperienti. Questi piccoli coleotteri scavano gallerie sotto la corteccia, interrompendo il flusso della linfa e portando rapidamente alla morte dei rami o dell’intero albero. La loro presenza è spesso segnalata da piccoli fori sul tronco e da rosura fine simile a segatura. La lotta contro gli scolitidi è molto difficile e si basa quasi interamente sulla prevenzione, mantenendo gli alberi in ottima salute e rimuovendo prontamente le piante morte o gravemente compromesse per evitare che diventino focolai di infestazione.

Problemi abiotici e fisiopatie

Non tutti i problemi del pino nero sono causati da organismi viventi. Molti sintomi di deperimento sono dovuti a fattori abiotici, ovvero a condizioni ambientali o fisiologiche avverse. Lo stress da siccità è una delle cause più comuni di ingiallimento e perdita di aghi. Allo stesso modo, un drenaggio insufficiente e il conseguente ristagno idrico provocano asfissia radicale, con sintomi simili a quelli della siccità, come un deperimento generale della chioma. È sempre fondamentale valutare le condizioni del suolo prima di attribuire i sintomi a una malattia.

Le carenze nutrizionali possono manifestarsi con una varietà di sintomi, principalmente alterazioni del colore degli aghi. La clorosi, ovvero l’ingiallimento, può essere causata da una mancanza di azoto, magnesio o ferro. La carenza di ferro, tipica dei suoli molto calcarei (pH elevato), si manifesta con un ingiallimento degli aghi più giovani, mentre le nervature rimangono più verdi. La diagnosi corretta, eventualmente supportata da analisi del suolo o fogliari, è essenziale per poter intervenire con i fertilizzanti specifici e correggere il problema alla radice.

I danni da freddo e da vento sono un’altra fisiopatia comune. Durante l’inverno, venti freddi e secchi possono causare una disidratazione degli aghi (il cosiddetto “winter burn”), che appaiono bruciati o arrossati, specialmente sulla parte della chioma più esposta. Gelate tardive in primavera possono danneggiare irreparabilmente i nuovi getti, che anneriscono e muoiono. La scelta di una posizione riparata per la messa a dimora e la protezione dei giovani esemplari può mitigare questi rischi.

Infine, anche i danni meccanici possono rappresentare un serio problema. Lesioni al tronco causate da tosaerba, decespugliatori o lavori edili creano porte d’ingresso per funghi patogeni e insetti. Un’eccessiva compattazione del suolo nell’area radicale, dovuta al passaggio di veicoli o persone, danneggia le radici e riduce l’aerazione, portando a un lento declino dell’albero. È importante proteggere sempre l’area radicale e il tronco da ogni tipo di danno meccanico.

Strategie di lotta integrata

L’approccio più moderno e sostenibile alla difesa del pino nero è la lotta integrata. Questa strategia non si basa su un singolo intervento, ma combina diverse tecniche (agronomiche, biologiche, biotecnologiche e chimiche) per mantenere le popolazioni di parassiti e l’incidenza delle malattie al di sotto di una soglia di danno. L’obiettivo non è eradicare completamente il problema, ma gestirlo in modo efficace e duraturo, con il minimo impatto sull’ambiente e sulla salute umana. Il primo passo è sempre la prevenzione attraverso corrette pratiche colturali.

L’impiego di mezzi di lotta biologica è un pilastro della lotta integrata. Questo include la protezione e l’incentivazione dei nemici naturali dei parassiti, come insetti predatori (coccinelle, sirfidi) e parassitoidi, che possono contribuire a mantenere le popolazioni di afidi e cocciniglie sotto controllo. L’uso di prodotti a base di microrganismi, come il Bacillus thuringiensis contro la processionaria, è un altro esempio di lotta biologica mirata e a basso impatto. Creare un ambiente ricco di biodiversità nel proprio giardino è la migliore strategia per favorire questi equilibri naturali.

Le tecniche biotecnologiche, come le trappole a feromoni, sono strumenti preziosi per il monitoraggio e il controllo di alcuni insetti. Queste trappole utilizzano repliche sintetiche degli ormoni sessuali degli insetti per attirare e catturare selettivamente i maschi di una specifica specie, come la processionaria. In questo modo, si può ridurre il numero di accoppiamenti (lotta per cattura di massa) e monitorare l’andamento della popolazione per decidere se e quando intervenire con altri mezzi.

L’uso di prodotti fitosanitari chimici è considerato l’ultima risorsa nella lotta integrata, da utilizzare solo quando strettamente necessario, ovvero quando il danno supera una certa soglia e gli altri metodi non sono sufficienti. È fondamentale scegliere prodotti il più possibile selettivi, che colpiscano il parassita bersaglio senza danneggiare gli insetti utili, e rispettare scrupolosamente le dosi, le modalità e i tempi di applicazione indicati in etichetta. Un uso razionale e mirato dei prodotti chimici permette di massimizzarne l’efficacia e di minimizzarne gli effetti collaterali indesiderati.

Potrebbe piacerti anche