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Fabbisogno idrico e irrigazione del melo cotogno

Daria · 05.08.2025.

La gestione dell’acqua è uno degli aspetti più critici nella coltivazione del melo cotogno, un fattore che influenza direttamente la salute della pianta, la pezzatura dei frutti e la qualità del raccolto finale. Sebbene il cotogno sia considerato un albero da frutto relativamente resistente alla siccità una volta affrancato, un apporto idrico corretto e tempestivo durante le fasi fenologiche cruciali è indispensabile per ottimizzare la produzione. Comprendere il fabbisogno idrico specifico di questa pianta, che varia in base all’età, al tipo di terreno, al clima e alla fase di sviluppo, è la chiave per evitare stress idrici dannosi o, al contrario, pericolosi ristagni d’acqua. Un’irrigazione razionale non solo promuove una crescita equilibrata, ma contribuisce anche a prevenire l’insorgenza di alcune patologie legate all’umidità, garantendo la longevità dell’impianto.

Il fabbisogno idrico del cotogno non è costante durante l’anno, ma segue un andamento che rispecchia il ciclo biologico della pianta. Dalla ripresa vegetativa primaverile fino alla raccolta, le esigenze d’acqua aumentano progressivamente, per poi diminuire drasticamente durante il periodo di riposo invernale. Le fasi di maggiore criticità idrica, in cui la carenza d’acqua può avere le conseguenze più negative, sono la fioritura, l’allegagione e, soprattutto, il periodo di ingrossamento dei frutti, che va da metà estate fino a poco prima della raccolta. In questi momenti, un’adeguata disponibilità di acqua nel terreno è essenziale per sostenere i processi fisiologici della pianta e garantire lo sviluppo di frutti grandi e succosi.

Le caratteristiche del suolo giocano un ruolo determinante nella gestione dell’irrigazione. I terreni sabbiosi, ad esempio, hanno una bassa capacità di ritenzione idrica e richiedono irrigazioni più frequenti ma con volumi minori. Al contrario, i terreni argillosi trattengono l’acqua più a lungo, permettendo interventi irrigui più distanziati nel tempo ma con volumi maggiori, prestando però la massima attenzione a non creare ristagni idrici, che possono portare a fenomeni di asfissia radicale. Conoscere la tessitura del proprio terreno è quindi un prerequisito fondamentale per impostare un corretto programma di irrigazione.

L’età della pianta è un altro fattore da considerare attentamente. Un giovane albero di cotogno, nei primi due o tre anni dall’impianto, ha un apparato radicale ancora poco sviluppato e confinato in un volume di terreno limitato. Per questo motivo, è molto più sensibile alla siccità rispetto a un albero adulto e necessita di annaffiature più regolari per favorire un buon attecchimento e una crescita vigorosa. Un albero maturo, con le sue radici profonde e ben espanse, è in grado di esplorare un volume di suolo maggiore e di resistere meglio a brevi periodi di siccità, sebbene continui a beneficiare di irrigazioni di soccorso durante le estati più calde e secche.

Le fasi critiche del fabbisogno idrico

Il ciclo annuale del melo cotogno presenta dei momenti specifici in cui la disponibilità di acqua è assolutamente cruciale per il successo della produzione. La prima fase critica si verifica in primavera, durante la fioritura e l’allegagione. In questo periodo, l’acqua è essenziale per il corretto sviluppo dei fiori e per il processo di fecondazione che porterà alla formazione dei frutticini. Uno stress idrico in questa fase può causare una cascola fiorale eccessiva e compromettere fin da subito il potenziale produttivo dell’annata. È quindi importante assicurarsi che il terreno sia adeguatamente umido all’inizio della stagione vegetativa.

La seconda e più importante fase di fabbisogno idrico si estende per tutta l’estate, durante l’ingrossamento dei frutti. Da giugno fino a settembre, i frutti del cotogno aumentano significativamente di volume e peso, e questo processo richiede un notevole dispendio di acqua da parte della pianta. Una carenza idrica prolungata in questo periodo porterà inevitabilmente a frutti di pezzatura ridotta, con una polpa meno succosa e talvolta più fibrosa. Per ottenere frutti grandi e di alta qualità, è indispensabile fornire acqua regolarmente durante i mesi estivi, soprattutto in assenza di precipitazioni significative.

Un’altra fase da non sottovalutare è quella immediatamente successiva alla raccolta, in autunno. Anche se i frutti sono stati raccolti, la pianta continua la sua attività fotosintetica per accumulare le sostanze di riserva nei rami e nelle radici, che saranno fondamentali per la ripresa vegetativa dell’anno successivo e per la differenziazione delle gemme a fiore. Un’irrigazione post-raccolta, se l’autunno è particolarmente secco, aiuta la pianta a prepararsi al meglio per l’inverno e a gettare le basi per una buona produzione futura. Questo intervento è spesso trascurato, ma riveste un’importanza strategica per la salute a lungo termine dell’albero.

Infine, anche il periodo immediatamente successivo alla messa a dimora di una nuova pianta è estremamente critico. Come già accennato, un giovane cotogno deve essere irrigato con regolarità per tutto il primo anno, per garantire che l’apparato radicale, ancora debole, possa attecchire e svilupparsi correttamente. L’acqua non solo fornisce idratazione, ma aiuta anche a stabilizzare il terreno attorno alle radici. Saltare le irrigazioni in questa fase iniziale è uno degli errori più comuni e gravi, che può portare alla morte della giovane pianta o a una crescita stentata per molti anni.

Metodi di irrigazione consigliati

La scelta del metodo di irrigazione più appropriato per il melo cotogno dipende da vari fattori, tra cui la dimensione dell’impianto, la disponibilità di acqua e il tipo di terreno. Per i piccoli frutteti familiari o per le singole piante in giardino, l’irrigazione manuale con la canna dell’acqua può essere sufficiente. In questo caso, è importante creare una conca di terra attorno al tronco per contenere l’acqua e permetterle di infiltrarsi lentamente in profondità, raggiungendo tutto l’apparato radicale. Bisogna evitare di bagnare il tronco e la chioma, dirigendo il getto d’acqua esclusivamente sul terreno.

Per impianti più grandi e per una gestione più efficiente e sostenibile dell’acqua, il sistema di irrigazione a goccia è senza dubbio la scelta migliore. Questo metodo consiste nel posizionare delle ali gocciolanti lungo i filari, con gocciolatori posti in prossimità del tronco di ogni albero. L’irrigazione a goccia apporta l’acqua lentamente e direttamente nella zona delle radici, riducendo al minimo le perdite per evaporazione e percolazione. Permette inoltre un controllo preciso dei volumi distribuiti e mantiene asciutta la vegetazione, contribuendo a ridurre il rischio di malattie fungine.

Un altro sistema valido, sebbene meno efficiente dell’irrigazione a goccia, è l’irrigazione a microaspersione (o microjet). Questo sistema utilizza piccoli irrigatori che distribuiscono l’acqua con un getto a bassa pressione su un’area circoscritta attorno alla base della pianta. Anche questo metodo localizza l’irrigazione, ma con una superficie bagnata più ampia rispetto al gocciolatore puntiforme. Può essere una buona soluzione intermedia, ma comporta una maggiore evaporazione rispetto al sistema a goccia e un leggero rischio di bagnare la parte bassa del tronco.

L’irrigazione per scorrimento o sommersione, un tempo molto diffusa, è oggi sconsigliata per i frutteti specializzati. Questo metodo è poco efficiente, comporta un grande spreco d’acqua e può favorire la compattazione del suolo e la diffusione di patogeni. Indipendentemente dal sistema scelto, la regola fondamentale è quella di irrigare in modo da bagnare il terreno in profondità, per stimolare le radici a crescere verso il basso e a esplorare un maggior volume di suolo, rendendo la pianta più autonoma e resistente alla siccità superficiale.

Come e quando irrigare

Determinare il momento giusto e la quantità corretta di acqua da fornire è una delle sfide principali nella gestione dell’irrigazione. Un approccio pratico ed efficace consiste nel valutare l’umidità del terreno. Il modo più semplice è il test manuale: si scava una piccola buca di 15-20 cm vicino alla pianta e si prende una manciata di terra. Se la terra, stretta nel pugno, si sbriciola facilmente, è troppo secca e bisogna irrigare. Se invece forma una palla compatta che rilascia un po’ di umidità, il livello di acqua è adeguato. Con l’esperienza, questo metodo diventa molto affidabile.

La frequenza delle irrigazioni varia notevolmente durante la stagione. In primavera e in autunno, le piogge possono essere sufficienti a coprire il fabbisogno della pianta. Durante l’estate, in assenza di precipitazioni, un albero adulto in produzione può richiedere un’irrigazione abbondante ogni 7-15 giorni, a seconda del clima e del tipo di terreno. Le piante giovani, come detto, necessitano di interventi più frequenti, anche ogni 4-7 giorni durante i periodi più caldi. È sempre meglio effettuare un’irrigazione profonda e distanziata nel tempo piuttosto che tante piccole e superficiali annaffiature.

Il momento migliore della giornata per irrigare è la mattina presto. In queste ore, le temperature sono più basse e il vento è generalmente meno intenso, riducendo al minimo le perdite d’acqua per evaporazione. Irrigare al mattino permette inoltre alla pianta di disporre dell’acqua durante le ore più calde della giornata, quando la traspirazione è massima. L’irrigazione serale è una seconda opzione, ma può lasciare il terreno e la base della pianta umidi per tutta la notte, creando condizioni potenzialmente favorevoli allo sviluppo di funghi e marciumi.

Un valido aiuto per una gestione idrica più efficiente è l’utilizzo della pacciamatura. Stendere uno strato di 5-10 cm di materiale organico (paglia, corteccia, cippato, compost) sulla superficie del terreno attorno alla base dell’albero ha molteplici vantaggi. La pacciamatura riduce l’evaporazione dell’acqua dal suolo, mantiene il terreno più fresco durante l’estate, controlla la crescita delle erbe infestanti che competono per l’acqua e, decomponendosi, apporta sostanza organica. Questa pratica permette di ridurre significativamente la frequenza delle irrigazioni e di migliorare la salute generale del suolo.

Gestione degli eccessi e dei ristagni idrici

Tanto quanto la siccità, anche l’eccesso d’acqua può essere estremamente dannoso per il melo cotogno. Un terreno costantemente saturo d’acqua impedisce alle radici di respirare, portando a una condizione di asfissia radicale. Le radici in assenza di ossigeno iniziano a deperire e a marcire, compromettendo la capacità della pianta di assorbire acqua e nutrienti. I sintomi di un eccesso idrico possono essere simili a quelli della siccità: foglie che ingialliscono, appassiscono e cadono, e una generale perdita di vigore della pianta.

La prevenzione dei ristagni idrici inizia prima ancora della piantagione, con la scelta di un terreno naturalmente ben drenato. Se il terreno del proprio giardino o frutteto è pesante e argilloso, è fondamentale intervenire per migliorarne la struttura prima di mettere a dimora le piante. L’aggiunta di abbondante sostanza organica, come compost o letame maturo, e di inerti come la sabbia grossolana, aiuta a creare una struttura più porosa e a facilitare lo sgrondo dell’acqua in eccesso. In casi estremi, può essere necessario creare dei canali di drenaggio o piantare gli alberi su delle baulature, ovvero dei cumuli di terra rialzati rispetto al livello del suolo.

Una volta che la pianta è a dimora, è importante evitare le irrigazioni eccessive. Bisogna sempre controllare lo stato di umidità del terreno prima di fornire altra acqua, come descritto in precedenza. È un errore comune pensare che una pianta sofferente abbia sempre bisogno di acqua; a volte, i sintomi sono causati proprio da un eccesso. In caso di piogge abbondanti e prolungate, è ovviamente necessario sospendere qualsiasi irrigazione manuale e attendere che il terreno si asciughi.

Se si sospetta un problema di ristagno idrico su una pianta esistente, è importante agire per migliorare l’arieggiamento del terreno. Si può smuovere delicatamente la superficie del suolo attorno alla pianta per rompere la crosta superficiale e favorire l’evaporazione. Sospendere le irrigazioni è il primo passo ovvio. Se il problema è cronico e legato alla natura del terreno, si può tentare di migliorare il drenaggio scavando piccole trincee attorno all’area radicale e riempiendole di ghiaia. Una gestione attenta e consapevole dell’acqua, che tenga conto sia delle carenze che degli eccessi, è fondamentale per coltivare con successo il melo cotogno.

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