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Il fabbisogno idrico e l’irrigazione del tagete

Daria · 18.06.2025.

Una corretta gestione dell’acqua è uno dei pilastri fondamentali per coltivare con successo i tageti e ottenere piante sane, rigogliose e ricche di fiori. Sebbene siano piante relativamente tolleranti alla siccità una volta ben attecchite, un apporto idrico regolare e ben calibrato è essenziale, soprattutto durante le fasi di crescita iniziali e nei periodi più caldi e asciutti dell’anno. Comprendere il fabbisogno idrico del tagete e imparare le tecniche di irrigazione più efficaci permette di evitare sia gli stress da carenza d’acqua, che compromettono la fioritura, sia gli eccessi, che possono portare a malattie radicali fatali. Un’irrigazione intelligente è quindi la chiave per sbloccare il pieno potenziale decorativo di queste generose piante annuali.

Il fabbisogno idrico del tagete varia in modo significativo in base a diversi fattori, tra cui lo stadio di sviluppo della pianta, le condizioni climatiche, il tipo di terreno e la modalità di coltivazione (in piena terra o in vaso). Le giovani piantine, appena trapiantate, hanno bisogno di un terreno costantemente umido per favorire lo sviluppo di un apparato radicale forte e profondo. In questa fase delicata, le irrigazioni devono essere frequenti ma non eccessive, per evitare di saturare il terreno. Man mano che la pianta cresce e si irrobustisce, la frequenza delle annaffiature può essere gradualmente ridotta, poiché le radici più sviluppate sono in grado di esplorare un volume maggiore di suolo alla ricerca di umidità.

Durante i mesi estivi, con l’aumento delle temperature e dell’insolazione, la traspirazione della pianta aumenta e il terreno si asciuga più rapidamente. Di conseguenza, sarà necessario irrigare più spesso, soprattutto durante le ondate di calore. Al contrario, in primavera e in autunno, quando il clima è più mite e le piogge più frequenti, le necessità idriche diminuiscono. È fondamentale sviluppare la capacità di “leggere” la pianta e il terreno: un leggero appassimento delle foglie durante le ore più calde è un chiaro segnale di sete, mentre un terreno umido al tatto a qualche centimetro di profondità indica che non è ancora necessario intervenire.

La regola d’oro per l’irrigazione del tagete, come per molte altre piante, è quella di bagnare in profondità ma non troppo frequentemente. Un’irrigazione abbondante e meno frequente incoraggia le radici a crescere in profondità alla ricerca di acqua, rendendo la pianta più autonoma e resistente alla siccità. Al contrario, annaffiature scarse e superficiali bagnano solo i primi centimetri di suolo, promuovendo uno sviluppo radicale superficiale e rendendo la pianta più vulnerabile allo stress idrico. È quindi preferibile attendere che il terreno si asciughi in superficie prima di procedere con una nuova, generosa irrigazione.

Il momento migliore per irrigare

Il momento della giornata in cui si irriga ha un impatto significativo sull’efficacia dell’annaffiatura e sulla salute della pianta. Il momento migliore in assoluto per bagnare i tageti è la mattina presto. Irrigando al mattino, l’acqua ha tutto il tempo di penetrare in profondità nel terreno e di essere assorbita dalle radici prima che il calore del giorno aumenti l’evaporazione. Inoltre, la pianta avrà a disposizione una riserva d’acqua per affrontare le ore più calde e soleggiate della giornata, riducendo il rischio di stress idrico e appassimento.

Un altro vantaggio dell’irrigazione mattutina è che qualsiasi schizzo d’acqua che finisce sul fogliame ha la possibilità di asciugarsi rapidamente con il sole e la brezza del mattino. Questo riduce notevolmente il tempo in cui le foglie rimangono bagnate, minimizzando il rischio di sviluppare malattie fungine come l’oidio o la peronospora, che prosperano in condizioni di umidità prolungata. Mantenere il fogliame asciutto è una delle pratiche preventive più importanti per la salute del tagete.

Se non è possibile irrigare al mattino, la seconda opzione migliore è il tardo pomeriggio o la sera. Tuttavia, l’irrigazione serale presenta alcuni svantaggi. Sebbene l’evaporazione sia minima, il fogliame rimarrà bagnato per tutta la notte, creando un ambiente ideale per la proliferazione di funghi e batteri. Se si è costretti a irrigare di sera, è ancora più importante dirigere l’acqua direttamente alla base della pianta, evitando il più possibile di bagnare le foglie e i fiori.

È assolutamente da evitare l’irrigazione nelle ore centrali della giornata, soprattutto in piena estate. In questo momento, l’evaporazione è massima e una grande percentuale dell’acqua andrebbe persa prima ancora di raggiungere le radici. Inoltre, le gocce d’acqua sulle foglie possono agire come piccole lenti, concentrando i raggi solari e causando bruciature sul tessuto fogliare. Irrigare con acqua fredda un terreno surriscaldato dal sole può anche causare uno shock termico all’apparato radicale, danneggiando la pianta.

Tecniche di irrigazione efficaci

La tecnica con cui si fornisce l’acqua è tanto importante quanto la quantità e la frequenza. Il metodo più efficace e salutare per il tagete è quello di dirigere l’acqua direttamente alla base della pianta, bagnando il terreno e non la chioma. Questo approccio massimizza la quantità di acqua che raggiunge l’apparato radicale e, come già menzionato, mantiene il fogliame asciutto, prevenendo l’insorgere di malattie fungine. Si può utilizzare un annaffiatoio senza il diffusore o un tubo da giardino a bassa pressione per bagnare lentamente e in profondità la zona intorno al fusto.

Per le piante coltivate in aiuola o nell’orto, l’irrigazione a goccia rappresenta una soluzione eccellente. Questo sistema distribuisce l’acqua lentamente e in modo localizzato direttamente sulla zona radicale, attraverso dei gocciolatori. I vantaggi sono molteplici: si riduce al minimo l’evaporazione e lo spreco d’acqua, il fogliame rimane completamente asciutto, e si previene la compattazione del suolo. Inoltre, un’irrigazione a goccia, se ben gestita, mantiene un livello di umidità costante nel terreno, evitando gli stressanti cicli di siccità e saturazione.

Un’altra tecnica utile, soprattutto per la coltivazione in piena terra, è la creazione di una piccola conca di terra attorno alla base di ogni pianta. Questa sorta di “catino” aiuta a trattenere l’acqua dell’irrigazione, permettendole di infiltrarsi lentamente in profondità verso le radici anziché scorrere via in superficie, specialmente su terreni leggermente in pendenza. Questa semplice accortezza migliora notevolmente l’efficienza di ogni annaffiatura e assicura che l’acqua raggiunga la zona dove è più necessaria.

Per verificare se si è irrigato a sufficienza, si può effettuare un semplice controllo dopo circa un’ora dall’annaffiatura. Scavando delicatamente con una paletta vicino alla pianta (ma senza danneggiare le radici), si può osservare fino a che profondità è penetrata l’umidità. Idealmente, il terreno dovrebbe essere umido per almeno 15-20 centimetri di profondità. Se solo i primi centimetri sono bagnati, significa che l’irrigazione è stata troppo superficiale e che la prossima volta sarà necessario fornire una maggiore quantità d’acqua.

Irrigazione in vaso vs. in piena terra

Esistono differenze sostanziali nel fabbisogno idrico e nella gestione dell’irrigazione tra i tageti coltivati in vaso e quelli in piena terra. Le piante in vaso hanno a disposizione un volume di terriccio molto limitato, che si asciuga molto più rapidamente rispetto al suolo di un giardino. Inoltre, i vasi, soprattutto quelli in terracotta o di colore scuro, si surriscaldano facilmente sotto il sole estivo, accelerando ulteriormente l’evaporazione dell’acqua dal substrato. Per queste ragioni, i tageti in vaso richiedono annaffiature molto più frequenti, che nei mesi più caldi possono diventare anche giornaliere.

Per le piante in vaso, è fondamentale controllare quotidianamente l’umidità del terriccio, inserendo un dito per circa 2-3 centimetri. Se il terriccio risulta asciutto a quella profondità, è il momento di irrigare. Quando si annaffia, bisogna farlo abbondantemente, fino a quando l’acqua non inizia a fuoriuscire dai fori di drenaggio sul fondo del vaso. Questo assicura che tutto il pane di terra sia stato uniformemente inumidito. È importante poi svuotare il sottovaso dall’acqua in eccesso per evitare che le radici rimangano immerse, condizione che porterebbe inevitabilmente a marciumi.

Al contrario, i tageti coltivati in piena terra beneficiano di un volume di suolo molto maggiore, che agisce come un serbatoio di umidità. Le radici possono espandersi più liberamente e in profondità, raggiungendo strati di terreno che si mantengono freschi più a lungo. Di conseguenza, le irrigazioni possono essere meno frequenti ma devono essere più abbondanti, per bagnare il terreno in profondità e incoraggiare lo sviluppo di un apparato radicale robusto. Una pianta ben attecchita in giardino può tollerare brevi periodi di siccità molto meglio di una pianta in vaso.

Un altro fattore da considerare è la tessitura del terreno. Un terreno sabbioso drena molto velocemente e richiederà irrigazioni più frequenti rispetto a un terreno argilloso, che tende a trattenere l’umidità più a lungo. L’aggiunta di sostanza organica, come il compost, migliora la capacità di ritenzione idrica di tutti i tipi di suolo, rendendo le irrigazioni più efficienti. In ogni caso, sia in vaso che in piena terra, la regola di base rimane la stessa: controllare il terreno prima di bagnare e adattare la frequenza alle condizioni specifiche.

Segnali di stress idrico (carenza ed eccesso)

Imparare a riconoscere i segnali di stress idrico è fondamentale per intervenire tempestivamente e correggere le pratiche di irrigazione. La carenza d’acqua è il problema più comune e facilmente riconoscibile. Il primo sintomo è un leggero appassimento delle foglie e dei fiori durante le ore più calde della giornata. Inizialmente, la pianta potrebbe riprendersi durante la notte, ma se la siccità persiste, l’appassimento diventerà permanente, le foglie inferiori inizieranno a ingiallire e a seccare, e la crescita e la produzione di nuovi fiori si arresteranno. Un tagete assetato appare spento, con colori sbiaditi e una generale mancanza di turgore.

Di fronte a questi segnali, è necessario irrigare immediatamente e abbondantemente, dirigendo l’acqua alla base della pianta. Nella maggior parte dei casi, se lo stress non è stato troppo prolungato, la pianta si riprenderà completamente nel giro di poche ore. Per evitare che la situazione si ripeta, sarà necessario aumentare la frequenza delle annaffiature o la quantità d’acqua fornita ad ogni intervento, soprattutto se si prevedono giornate calde e asciutte. Una pacciamatura alla base delle piante può aiutare a conservare l’umidità del suolo e a ridurre la necessità di irrigazioni frequenti.

L’eccesso d’acqua, sebbene meno intuitivo, è un problema ancora più grave e spesso fatale. Un terreno costantemente saturo d’acqua priva le radici dell’ossigeno necessario per respirare, portando a fenomeni di asfissia e marciume radicale. I sintomi di un’irrigazione eccessiva possono essere ingannevolmente simili a quelli della siccità: la pianta appassisce, le foglie, a partire da quelle più basse, ingialliscono e cadono. La differenza cruciale è che, in questo caso, il terreno al tatto risulta costantemente bagnato o addirittura fradicio. Altri segnali possono includere una crescita stentata, la comparsa di muffe sulla superficie del terriccio e un odore di marcio proveniente dal suolo.

Rimediare a un eccesso di irrigazione è molto difficile. Il primo passo è sospendere immediatamente le annaffiature e attendere che il terreno si asciughi. Se la pianta è in vaso, si può provare a toglierla dal contenitore, rimuovere il terriccio fradicio e sostituirlo con uno nuovo e più asciutto, dopo aver controllato ed eliminato eventuali radici marce (che appaiono scure e molli). La prevenzione è, tuttavia, la strategia migliore: assicurarsi sempre un ottimo drenaggio, sia in vaso che in piena terra, e irrigare solo quando è veramente necessario, basandosi sull’effettiva umidità del terreno e non su un calendario fisso.

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